OSPITI DI LABOR TV
venerdì 23 marzo 2012
di Piergiorgio Cattani
Da sabato 10 marzo è in vigore un nuovo sistema per il rilascio del permesso di soggiorno per stranieri e per un’eventuale procedura di espulsione: come per la patente ogni migrante residente in Italia accumulerà o perderà crediti (o punti) a seconda dell’adempimento di alcuni requisiti. Fin dall’annuncio che il governo Berlusconi si sarebbe mosso in questa direzione, si parla di permesso di soggiorno a punti almeno dal febbraio 2010, il mondo del volontariato e dell’associazionismo si era detto allarmato, in quanto, secondo l’impostazione leghista allora in auge, allo straniero venivano assegnati nuovi pesi e ulteriori scadenze.
Purtroppo neppure il cambio di quadro politico è servito a cambiare rotta. Si concretizza così il cosiddetto “Accordo di integrazione” (qui in formato .pdf), uno strano contratto – veramente simile anche per i contenuti ai contratti con gli italiani firmati da Berlusconi nello studio di Vespa – che prevede diritti e doveri sia da parte dello Stato sia da parte dello straniero. Il quale deve impegnarsi a conoscere la lingua italiana fino a un livello A2, i principi costituzionali, e il “funzionamento delle istituzioni pubbliche e della vita civile in Italia”. Speriamo bene perché di solito gli italiani sono scarsamente attenti alla dimensione civile dei propri comportamenti, nulla sanno di educazione civica, poco di senso civico. Magari saranno gli stranieri ad aiutarci in questo.
In concreto però che cosa vuol dire permesso a punti e soprattutto come funziona? Risponde bene Ali Baba Faye che cura un blog per il Fattoquotidiano: “All’immigrato che chiederà il permesso di soggiorno verranno assegnati 16 punti sulla base di alcuni parametri come la conoscenza della lingua italiana e delle nozioni civiche fondamentali.Nell’arco di 2 anni l’immigrato dovrà raggiungere la soglia dei 30 punti pena la revoca del permesso e l’espulsione. È un sistema di premi e sanzioni nel quale i punti si perdono in caso di condanna penale, anche non definitiva, e di sanzioni pecuniarie a partire da €10.000 mentre i crediti si acquisiscono con corsi, titoli di studio, onorificenze, attività di volontariato, attività imprenditoriale, acquisto di casa o contratto d’affitto.
Che dire? Al di là dell’obbligo di essere perfetti più degli italiani (civismo, volontariato) alcuni parametri come l’acquisto di una casa, l’avvio di attività imprenditoriale fanno pensare all’idea di attrazione forzosa di investimenti. Ma cosa succederebbe se questi parametri dovessero essere applicati per il mantenimento della cittadinanza o per l’ottenimento della carta d’identità da parte dei cittadini italiani?”.
I sindacati sottolineano la farraginosità di un provvedimento, voluto dal ministro Maroni e recepito dal nuovo governo Monti, che aggiunge ostacoli su ostacoli agli stranieri e fa promettere allo Stato iniziative che poi non manterrà, come per esempio l’organizzazione di corsi di italiano a basso costo. Scrive in un comunicato la Uil immigrazione: “Questo dispositivo appare studiato per complicare inutilmente la vita ed il lavoro dei nuovi cittadini stranieri che entrano in Italia a partire da sabato prossimo. L’applicazione di questa norma, inoltre, presuppone un farraginoso sistema di valutazione dei presunti meriti e demeriti degli stranieri e necessiterà per la sua applicazione di una struttura elefantiaca di controllo che dovrebbe poggiare sulle questure e sugli sportelli unici per l’immigrazione, già oberati da funzioni che sarebbe più opportuno delegare agli enti locali.
È anche un contratto a carattere unilaterale che impone obblighi e costi agli stranieri senza offrire in cambio né mezzi né benefici. Si chiede, ad esempio, ai nuovi cittadini di studiare la lingua italiana, ma non si mette a disposizione nessun finanziamento e nessuna struttura formativa di supporto.
Inutilmente punitivo è anche l’obbligo di arrivare a 30 crediti entro 3 anni, pena il rischio di espulsione (a discrezione del prefetto)”.
Siamo alle solite: lo Stato promette e intanto bastona. Ma qui c’è anche l’aggravante di una possibile espulsione per “demeriti” culturali o sociali, fatto non si sa quanto costituzionalmente legale. È poi inutile pensare di attuare questo modello di integrazione quando l’intero sistema della gestione del movimento migratorio nel nostro paese fa acqua da tutte le parti, a cominciare dalle modalità di accesso legale in Italia.
Il responsabile dell’ufficio Immigrazione della Cgil Nazionale, Pietro Soldini, afferma che questo provvedimento andrebbe “inserito in un piano di qualificazione dei servizi pubblici, di offerta formativa per la lingua e l’educazione civica e progetti per l’integrazione per gli immigrati”. Soldini osserva inoltre come l’iter burocratico per l’Accordo d’Integrazione è demandata a gli Sportelli Unici Immigrazione: “Vale a dire – afferma – che avranno una nuova funzione, particolarmente gravosa per le implicazioni che può determinare per gli immigrati. Eppure è noto che questi uffici sono sotto organico rispetto alla mole di lavoro che li incombe”.
Perciò “auspichiamo che questo Governo non mantenga tutta l’acqua sporca prodotta dal vecchio Governo in materia d’immigrazione perché questo renderebbe velleitaria ogni ipotesi di gestione nuova e razionale”.
Purtroppo dobbiamo sottolineare che il governo Monti non è andato al di là delle dichiarazioni di principio, dalla tassa sul permesso di soggiorno alla ventilata semplificazione delle normative in merito. Ancora una volta Monti delude.
Fonte: www.unimondo.org