L'"esercito" dell'assistenza.
Più di 5 mila a Parma
Roberta VinciSono 6187 i collaboratori domestici stranieri iscritti all’Inps di Parma.
Un dato (il più aggiornato, ma riferito al 2008), in continua crescita, che ancora non può essere definito in maniera precisa. Basti pensare che, solo alla Cisl, nel 2009, sono state presentate 500 domande di iscrizione all’Inps in più rispetto all’anno precedente, mentre altre 300 si sono aggiunte nel 2010.
Soprattutto donne, perlopiù straniere, provenienti dall’Europa dell’Est. Colf e badanti: sono questi i mestieri più diffusi della categoria. Un fenomeno che negli ultimi anni ha preso piede anche nella nostra città. «Queste donne svolgono un ruolo sociale importante - spiega Maurizio Vescovi, medico e responsabile per Parma del progetto Italian Study on depression -, hanno permesso di attuare la cura domiciliare della persona e sono una grande forza lavoro».
C'è poi un altro dato interessante. Nel 2010, sono stati instaurati 3627 nuovi rapporti lavorativi; l’anno precedente 5660, numero maggiore per l’emersione (legge sulla regolarizzazione, ndr). Dati significativi che ricalcano la dimensione ormai multiculturale della nostra città. Abbandonano il loro Paese per trovare un impiego in Italia. Si allontanano dai loro figli quando sono bambini o adolescenti, per ritrovarli, dopo anni, trasformati in uomini e donne.
«Tanti pensano che sia facile venire a vivere qui - spiega Diana (nome di fantasia, ndr), moldava, da 9 anni a Parma -, ma siamo sole e alcune di noi affrontano un viaggio spaventoso». Il «trasloco» non per tutte è uguale. Le più «fortunate» sono le romene, che possono viaggiare nella legalità, in quanto cittadine europee. Tre giorni di autobus per 80 euro di spesa. Una sosta ogni 4 ore, giusto per andare al bagno e darsi una rinfrescata. E un visto «più semplice» da ottenere. Per moldave e ucraine la difficoltà è maggiore.
Una volta raggiunta in autobus l’Ungheria, dopo 4 giorni di viaggio, devono trovare il modo di procurarsi il visto. La soluzione? Pagarlo a caro prezzo. «Ho dato 2 mila e 400 euro a un "tipo" dell’ambasciata, o almeno così mi ha detto - dice Diana -, e dopo poco, ho avuto il visto per venire 30 giorni in Italia». Trenta giorni per trovare un posto in cui dormire e un lavoro. Sole, in un paese sconosciuto, senza capire una parola di italiano. «Tra straniere ci riconosciamo, se sentiamo parlare la nostra lingua cerchiamo di fare amicizia - aggiunge Catrina, moldava, da 5 anni a Parma -, eppure, anche tra di noi, ci sono donne molto furbe». Consapevoli delle difficoltà iniziali, le «furbe» ne approfittano. Trovano posti di lavoro e, invece di suggerirli alle loro conterranee, glieli «vendono». 500, 600 euro, dipende. Un business perfetto. Ma solo per chi «vende».
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