Approvato definitivamente stamattina dal Consiglio dei Ministri, riguarderà tutti i nuovi arrivati. Ecco cosa prevede. Trenta punti da conquistare imparando lingua italiana ed educazione civica, ma anche dando prova di volersi integrare e tenendosi lontani dai guai. Non è un gioco e in ballo c’è il permesso di soggiorno: i promossi restano in Italia, i bocciati vengono espulsi.
Funziona così l’"accordo di integrazione", introdotto dalla legge sulla sicurezza del 2009, ma finora rimasto solo sulla carta. Il suo regolamento ha avuto stamattina il via libera definitivo dal Consiglio dei Ministri e ora viaggia spedito verso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ultimo passaggio prima dell’entrata in vigore.Secondo le bozze circolate finora, l’accordo dovrà essere firmato presso lo Sportello unico per l’immigrazione o in Questura dai cittadini stranieri che hanno un’età compresa tra i sedici e i sessantacinque anni, ma non è retroattivo. Scatterà infatti solo per quelli che entreranno in Italia dopo l’entrata in vigore del regolamentoe chiederanno un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno.
Firmandolo ci si impegna a conseguire entro due anni una conoscenza poco più che elementare (livello A2) dell’italiano e una conoscenza “sufficiente” dei “principi fondamentali della Costituzione”, delle ”istituzioni pubbliche” e “della vita civile in Italia”, in particolar modo per quanto riguarda sanità, scuola, servizi sociali, lavoro e obblighi fiscali. Ci si impegna poi a far frequentare ai figli la scuola dell’obbligo e si dichiara di aderire alla “Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione” del ministero dell’Interno.
Dopo la firma si deve seguire un mini-corso gratuito di “formazione civica e informazione sulla vita civile”, ma nella bozza non si parla di corsi di italiano. Durante il corso obbligatorio di educazione civica, allo straniero verranno però indicate le “iniziative a sostegno del processo di integrazione” (come ad esempio altri corsi gratuiti di lingua italiana?) attive nella provincia.
L’integrazione si misura con dei punti (o crediti) associati alle conoscenze linguistiche, ai corsi frequentati e ai titoli di studio di ogni straniero, ma anche a determinati comportamenti, come la scelta del medico di base, la registrazione del contratto d’affitto e le attività imprenditoriali o di volontariato. I punti però si perdono in caso di condanne penali, anche non definitive, misure di sicurezza personali e illeciti amministrativi e tributari.
A due anni dalla firma, lo Sportello Unico per l’Immigrazione esamina la documentazione presentata dallo straniero (attestati di frequenza a corsi, titolo di studio ecc.) o, se questa non c’è, lo sottopone a un test. In entrambi i casi la verifica si chiude con l’assegnazione di un punteggio: da trenta punti in su, l’accordo si considera rispettato, da uno a ventinove si viene “rimandati”, con l’impegno a raggiungere quota trenta entro un anno, ma se i punti sono zero o meno scatta l’espulsione.
Elvio Pasca