La Convenzione dell'ILO sui lavoratori domestici: una tappa storica.
In un'intervista Manuela Tomei, Direttore del Programma sulle condizioni di impiego e di lavoro dell'ILO, mette in luce l'impatto e l'importanza di questi due nuovi strumenti normativi.
Perché è necessaria questa Convenzione?
Le carenze di lavoro dignitoso fra i lavoratori domestici sono enormi. Per oltre il 56% dei lavoratori domestici non vi è alcuna legge che stabilisce un limite alla durata della settimana lavorativa e circa il 45% di tutti i lavoratori domestici non hanno diritto neanche ad un giorno di riposo settimanale. Inoltre, per circa il 36% delle lavoratrici domestiche le legge non riconosce il diritto al congedo di maternità.
I lavoratori domestici sono fra le categorie più vulnerabili di lavoratori, quelle che sono già marginalizzate e meno preparate per trarre beneficio dagli effetti della ripresa economica.
Qual è l'impatto della Convenzione sulla situazione dei lavoratori domestici?
Questo strumento lancia un segnale politico molto importante e rappresenta un impegno politico internazionale a migliorare le condizioni di vita e di lavoro di una larga fascia della forza lavoro che tradizionalmente è stata esclusa, totalmente o in parte, dalla protezione della legislazione del lavoro.
Ratificando la Convenzione, un paese accetta di sottomettersi al controllo internazionale e ciò stimola gli Stati membri a garantire che la propria legislazione e le proprie politiche siano conformi alla Convenzione. L'annessa Raccomandazione, che rappresenta uno strumento non vincolante, fornisce un'utile guida pratica su come mettere in pratica gli obblighi previsti dalla Convenzione.
Le nuove norme sui lavoratori domestici sono allo stesso tempo rigorose e flessibili: garantiscono una protezione minima ai lavoratori domestici, pur permettendo una flessibilità considerevole, un'ampia ratifica ed un miglioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro di questa categoria di lavoratori.
Quali cambiamenti concreti apporterà per i lavoratori domestici?
Il primo in assoluto è che saranno riconosciuti come lavoratori e avranno diritto, almeno legalmente, alle protezioni minime garantite a tutte le altre categorie di lavoratori. La Convenzione stabilisce il diritto dei lavoratori domestici ad essere informati, in modo per loro comprensibile, sui termini e le condizioni di impiego, ossia su: quali sono le mansioni che devono svolgere, quante ore sono tenuti a lavorare e per quale remunerazione, quando e in che modo saranno pagati. Inoltre, la Convenzione introduce dei limiti alla quota della remunerazione che può essere pagata in natura e prevede un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive. La Convenzione definisce anche delle misure speciali per affrontare le vulnerabilità di particolari gruppi di lavoratori domestici: i giovani che anno un'età inferiore ai 18 anni e superiore all'età minima lavorativa, i lavoratori che vivono presso le famiglie per le quali lavorano e i lavoratori domestici migranti.
In particolare, la Convenzione stabilisce dei requisiti minimi in termini di alloggio e rispetto della privacy per i lavoratori domestici che vivono presso le famiglie per le quali lavorano, chiede agli Stati membri di fissare un'età minima per l'ammissione al lavoro domestico e di adottare misure per garantire che i minori lavoratori domestici possano concludere l'istruzione obbligatoria e per favorire la loro futura istruzione e formazione professionale.
Per quanto riguarda i lavoratori domestici migranti la Convenzione stabilisce che i lavoratori dispongano di un'offerta o un contratto di lavoro scritto ancor prima di oltrepassare le frontiere e recarsi nel paese di destinazione. Gli Stati membri devono, inoltre, adottare delle misure mirate a offrire progressivamente ai lavoratori domestici una protezione minima in termini di sicurezza sociale, inclusi i benefici di maternità, alla pari con tutte le altre categorie di lavoratori.
Un'altra disposizione molto importante riguarda le agenzie private per l'impiego, che giocano un ruolo cruciale nel mercato del lavoro domestico. La Convenzione chiede agli Stati di definire regole e procedure chiare per prevenire quelle pratiche fraudolente e abusive che sfortunatamente alcune agenzie private senza scrupoli sono solite adottare.
La Convenzione riconosce il contesto specifico in cui il lavoro domestico è svolto, ossia la casa del datore di lavoro, e impone un equilibrio fra il diritto di protezione dei lavoratori e il diritto alla privacy dei membri della famiglia per cui sono impiegati.
Qual è l'impatto sull'uguaglianza di genere?
L'impatto è considerevole. Il solo fatto di affermare inequivocabilmente che il lavoro domestico è un lavoro rappresenta un passo molto importante verso l'uguaglianza di genere, perché nel lavoro domestico sono impiegate principalmente le donne. Ovunque nel mondo, indipendentemente dal livello di sviluppo socio-economico, la grande maggioranza dei lavoratori domestici sono donne: fra il 90 e il 92 per cento della forza lavoro domestica è composta da donne e ragazze. Stabilendo il principio per cui i lavoratori domestici hanno diritto come tutti gli altri ad un livello minimo di protezione previsto dalla legge, i due nuovi strumenti normativi ribaltano la sottovalutazione storica del lavoro domestico. Il semplice fatto di regolare questa forma di lavoro rappresenta un riconoscimento dell'importanza del contributo economico e sociale del lavoro di cura.
Quali sono le prossime tappe prima che la Convenzione entri in vigore?
Sono necessarie due ratifiche. I governi, prima di poter ratificare, devono verificare che la legislazione e le pratiche vigenti siano conformi con gli obblighi previsti dalla Convenzione, e nel caso non fosse così, devono intervenire per giungere ad un'armonizzazione. Abbiamo ricevuto dei segnali incoraggianti da alcun Stati membri che hanno espresso la volontà di analizzare molto attentamente la possibilità di ratificare. Il Brasile, ad esempio, ha indicato che desidererebbe essere il primo paese a ratificare questa importante Convenzione.
La Convezione avrà un impatto anche sui Paesi che non la ratificano?
Ritengo di sì, senza alcun dubbio. L'impatto di tutte le Convenzioni dell'ILO va aldilà della loro ratifica, in quanto diventano un punto di riferimento che può aiutare gli Stati membri a porre le basi per una futura ratifica laddove le condizioni per farlo non siano soddisfatte da subito. L'impatto, inoltre, sarà significativo anche perché il processo normativo è stato seguito molto da vicino dai costituenti dell'ILO. Vi è stata una mobilitazione molto forte degli attivisti per i diritti umani, delle ONG, delle associazioni femminili e dei lavoratori domestici, perciò questo strumento sarà molto dinamico e conferirà legittimità alle rivendicazioni dei lavoratori domestici.
Quante energie ha investito l'ILO per raggiungere l'adozione di questa Convenzione?
È stato l'ILO a lanciare questo progetto normativo. È stata condotta una lunga ricerca al fine di delineare un quadro accurato del numero e dei profili dei lavoratori domestici nel mondo, della portata della protezione giuridica di cui beneficiano nei diversi paesi e della tipologia di protezione legale di cui avrebbero bisogno per migliorare le loro vite. Anche i colleghi dell'ILO che lavorano sul campo hanno giocato un ruolo molto importante nel portare questo processo normativo all'attenzione dei Costituenti dell'ILO e per favorire la loro partecipazione.
L'impegno dell'ILO a favore dei lavoratori domestici risale all'inizio degli anni '30. In quegli anni si riconobbe il fatto che i lavoratori domestici formavano una categoria soggetta a gravi abusi, ma si credeva anche che questa categoria fosse destinata a scomparire con l'avanzare del progresso socio-economico e dell'innovazione tecnologica, gli aspirapolvere e le lavatrici li avrebbero sostituiti. La storia ha dimostrato il contrario. I lavoratori domestici non soltanto sono molto numerosi nel mondo, ma il loro numero è aumentato sensibilmente nell'ultimo decennio.
Testo della Raccomandazione 201